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martedì 8 settembre 2015

Quei ragazzi del muretto



Non so se vi ricordate del  “muretto”, di quel muto e romantico testimone di intere generazioni di adolescenti, luogo di incontro, di conversazioni e di relazioni sociali. Ce n’era sempre qualcuno che si ergeva adiacente al bar o alla piazza del paese, intorno al quale - in mancanza di punti di riferimento più adeguati - i ragazzi avevano l’abitudine di riunirsi per socializzare, per discutere dei loro problemi, per ridere, scherzare, divertirsi.
Nell’immaginario collettivo quel muretto era una sorta di luogo dell’anima dove ci si dava appuntamento, dopo la scuola, per sentirsi uniti, per polemizzare, amoreggiare, festeggiare, confrontarsi e per organizzare, magari, una serata diversa quando quel luogo non bastava più. Ebbene, quel “monumento” di pietra o di cemento che celebrava gli appuntamenti giovanili è ancora in attesa da qualche parte. Esiste tuttora, in una grande città come in un piccolo paese, soprattutto laddove non sono presenti strutture di incontro differenti rispetto ad uno spoglio muro di contenimento. E’ ancora frequentato da gruppi di ragazzi in cerca di compagnia  e di amicizia, costituisce un punto di riferimento, da dove partire per le quotidiane scorribande in motorino.

Ho l’impressione, però, che oggi quello spazio di aggregazione venga vissuto in maniera diversa rispetto al passato: uno spazio che divide anziché unire i suoi frequentatori. L’ho potuto constatare l’altro giorno mentre osservavo alcuni adolescenti (erano in sei/sette) tutti seduti su un muretto di un quartiere periferico di Roma, luogo abituale di incontro e di svago. La cosa che più mi ha colpito è stata la loro assenza dal contesto in cui si trovavano. La totale estraneità al gruppo ed agli amici che avevano intorno era fin troppo evidente. Tutti brandivano un telefonino ultimo modello (il termine è ormai riduttivo…), forse l’amico più affidabile e sicuro: alcuni facevano scorrere velocemente con un dito su e giù il display, alla ricerca di qualcosa che destasse la loro attenzione; altri parlavano con qualche amico lontano; una ragazza, da come smanettava furiosamente sui tasti, sembrava stesse scrivendo un messaggio importante. Apparivano annoiati, distanti gli uni dagli altri e nessuno, in quel momento, sentiva il bisogno, l’urgenza, di parlare o di stare con il proprio vicino, di confidarsi con lui, di partecipare alla compagnia.
Presenti, ma simultaneamente assenti gli uni agli altri. Per appartenere al mondo e sentirsi vivi quei ragazzi (i nostri figli…i nostri nipoti) mostravano un solo imprescindibile interesse: collegarsi con un “altrove” per comunicare al “mondo” il proprio disagio o la propria gioia o anche per ascoltare una voce lontana, anziché quella dell’amico/a seduto sullo stesso muretto; avvertivano l’esigenza di allontanarsi dal presente e dal reale per rincorrere un tempo e un mondo virtuale e improbabile. E, dimenticando il compagno di giochi e di conversazione che avevano accanto, si consegnavano ad uno strumento-feticcio dalle funzioni illimitate, da cui finivano per essere fagocitati e posseduti.

6 commenti:

  1. Il telefonino è il simulacro di un perenne "altrove". Perché quello che c'è e dove si è non si guarda neppure.
    Io ce l'avevo un muretto da ragazzina. Ma non avevo alcun cellulare. E faceva una grande differenza.

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    1. Anch’io sedevo su un muretto da qualche parte, e ai miei tempi non avevamo bisogno di un “altrove” perché vivevamo con spensieratezza il luogo che ci accoglieva

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  2. è curioso come uno strumento nato per tenere in contatto la gente abbia finito per (e)straniare i suoi utilizzatori.
    ml

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    1. E' proprio vero: il telefonino estrania e distrae, senza nulla togliere alla sua utilità. Viene utilizzato male, secondo me. Da strumento nato per le urgenze, è diventato una sorta di gioco con cui trascorrere il tempo a scapito delle vere relazioni. E allora perché devo parlare a tu per tu se lo posso fare con un telefonino? Recentemente mi trovavo in treno e di fronte a me c'era una persona (e non era un ragazzo del muretto) che durante tutto il viaggio ha parlato al telefonino con qualcuno che si trovava nello scompartimento successivo. Ma la cosa buffa era che accanto a lui sedeva la moglie, che ascoltava divertita. Una vera perversione da cellulare. :-) Buona giornata M.

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  3. I giovani d'oggi (!) forse sono sempre delle sfingi per le generazioni che li hanno preceduti.

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    1. Ma per fortuna non sempre è così...ciao e grazie

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