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sabato 16 agosto 2014

Lasciamo vagabondare la mente



L’avete mai osservati i dipendenti da telefono cellulare, ossia coloro i quali non possono vivere senza quella magica tavoletta che, da piccolissima qual era, sta diventando sempre più grande? A prima vista potrebbe sembrare che il mondo non può andare avanti senza di loro: sono sempre connessi; sempre in collegamento con qualcuno; sempre a mandare messaggi; a postare, a twittare, a fotografare, ad ascoltare, a guardare, a telefonare. Sembra che siano in attesa di chissà quale chiamata importante o che stiano per decidere le sorti del mondo. Se un extraterrestre dovesse all’improvviso scendere tra di noi, io credo che non sarebbe notato da nessuno, tant’è l’attenzione riservata a quell’oggetto che è diventato oramai una sorta di protesi e che inizialmente veniva chiamato telefonino. E già, perché oggi chiamarlo così è davvero riduttivo. E’ un mini computer potentissimo che ci segue passo dopo passo. E ci condiziona: nel bene e nel male.
Eppure il mondo potrebbe andare avanti anche senza l’apporto di questi forzati della telefonia mobile che si ostinano – senza pause – a far sapere che esistono. Io credo che durante la giornata bisognerebbe staccare per qualche ora il telefonino e riaccendere il social network della vita reale. Sono già usciti alcuni libri al riguardo che parlano, appunto, di “dieta digitale”, di come “disintossicarsi” da questa autentica droga dei nostri tempi.
Ma naturalmente non esistono solo i telefonini e i computer a condizionare la vita delle persone. Ogni giorno siamo letteralmente aggrediti da un’overdose di informazioni, di notizie, di aggiornamenti, di fatti. Secondo uno studio svolto nel 2011, giornalmente assorbiamo notizie equivalenti a circa 174 giornali. Inoltre esistono nel mondo più di 21.000 stazioni televisive che trasmettono migliaia di ore di programmazione (stiamo davanti alla televisione in media 5 ore al giorno); insomma, siamo diventati schiavi e succubi di un chiacchiericcio mediatico, e non solo, davvero squilibrato e demente. Alcuni sostengono che durante la giornata dovremmo aprire degli spazi vuoti, lasciando vagabondare la mente senza strumenti elettronici, appropriandoci di sprazzi di silenzio, quel silenzio che sembra sparito definitivamente dalla nostra esistenza. E sono proprio queste condizioni che ci  permetterebbero di riacquistare quella creatività perduta che, come scriveva l’altro giorno un giornalista del New York Times (Daniel J. Levitin) ci consentono di “sognare ad occhi aperti…e ci insegnano come agire, ci danno la capacità di cambiare il mondo, di modellarlo a nostro piacimento, di avere un effetto positivo sul nostro ambiente…e di risolvere problemi che prima apparivano irrisolvibili”. Una sorta di resettaggio naturale.
Dobbiamo renderci conto che le nostre capacità percettive, seppure rilevanti, hanno dei limiti oltre i quali sono destinate ad ottundersi per l’eccesso di stimolazioni visive ed uditive cui vengono quotidianamente sottoposte. Per non soccombere, io credo che dobbiamo cercare sempre, durante la giornata, un momento di “digiuno”. E’ difficile che questa limitazione possa arrivare dagli stessi mezzi che vivono di parole e di immagini. E allora spetta a noi ritrovare quell’intervallo perduto, quella pausa creativa che ci consenta di liberarci dal troppo pieno. Dalle troppe parole.

13 commenti:

  1. Che bello leggere un post come questo tuo, per diverse ragioni!
    Io amo la scrittura "semplice" e la tua lo è. Considero la "semplicità" un punto di arrivo nello scrivere e non di partenza.
    Poi, concordo pienamente con tutto quello che mi giunge da te.
    Sì, abbiamo bisogno di sprazzi di "silenzio", di quel silenzio che ci dice tanto senza parole, abbiamo bisogno di "digiuni".
    E dobbiamo ri_trovare in noi questa capacità di intervalli e ri_appropriarci della nostra creatività.
    Grazie.
    Un sorriso
    gelsobianco (gb)
    Posto come "anonimo" perché non sono iscritta a "niente"!
    Non ho neppure un blog!
    Tornerò da te.

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    1. Un grazie di cuore per le tue belle parole. Sapere che qualcuno apprezza ciò che scrivi e che condivide il tuo pensiero non può che fare piacere. Grazie di nuovo

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    2. Grazie a te!
      :-)
      gelsobianco (gb)

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  2. Sai benissimo quanto sia importante per me il silenzio e la solitudine.
    Ma nel momento in cui ne parlo o provo a far capire che sono indispensabili, mi rendo conto di parlare un'altra lingua.
    La solitudine spaventa tutti. Il silenzio pure.
    E poi il "mercato" non prevede né l'uno né l'altra perché, banalmente, non prevedono consumo.

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    1. E’ vero: oggi abbiamo paura del silenzio e pur di non “incontrarlo” ci lasciamo travolgere da continui e fastidiosi rumori di sottofondo; abbiamo paura del “vuoto” e allora dobbiamo riempirlo a tutti i costi di messaggi....di telefonate....di oggetti...di musica come sottofondo, ma non per ascoltare musica, ma solo per riempire uno spazio vuoto. E poi il costante bombardamento di immagini, di informazioni, di pubblicità visiva e uditiva: dovrebbe suscitare in chiunque una reazione di rifiuto, ma non succede. Si subisce e si accetta: e se non accetti, sei considerato strano

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  3. Un tempo si pensava a cambiare il mondo ... poi ci si è gradualmente ridimensionati ed ora la massima aspirazione pare consista nel ....
    Cambiare il telefonino!

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  4. io adoro il telefono, è un'invenzione fantastica etc. però dopo un po'mi stuferei della mia stessa voce. Comunque il mio cell. è di quelli che telefona e stop, quindi un po'di dieta la faccio eccome. Trovo che sia giusto, ma forse stare sempre connessi nasconde la paura di stare con se stessi.

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    1. E' una bella invenzione il telefono cellulare: e lo dice uno che non ce l'ha. Il problema è che, sempre più spesso, viene utilizzato nella maniera sbagliata.

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  5. Io scrissi di come non sono schiava del telefonino, ne possiedo uno dell'epoca dei Flinstones e il più delle volte non mi accorgo nemmeno se suona. TV pochissima .. le 5 ore medie non mi appartengono, alcuni giorni nemmeno l'accendo. Sogno ad occhi aperti in continuazione, il che mi aiuta a vivere (o sopravvivere), ma purtroppo ho perso la speranza di cambiare il mondo. Combatto, ma ho sempre meno forze e un grande senso di impotenza. Odio la frase "non cambierà mai nulla", non la voglio mai pronunciare ma ho la desolante sensazione che questo mondo (anche quello piccolo che gravita attorno a me) mi schiacci sempre di più. Il giornalista del New York Times sostiene ciò che sostenevo io, ma mi sembra che non sia più d'attualità in questo mondo sempre più complicato e impazzito.
    Ma va bene .... domani è un altro giorno .... si vedrà. Ciao :). Marilena

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    1. Cara Marilena, come ti capisco! Tu non sei schiava del telefonino....io neanche ce l'ho. Appartengo ad un altro mondo. Un mondo sparito.
      Buona giornata.

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  6. A me manda in bestia questa esigenza di comunicare avvenimenti in tempo reale: sono li' che visito un bimbo (niente di grave) e la mamma dall'altra parte del lettino fa la tele-cronaca in diretta ai parenti della visita.
    ml

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    1. L'altro giorno stavo in treno: davanti a me una signora sentiva l'esigenza di chiamare casa ad ogni fermata: tutto il viaggio minuto per minuto. Isteria da telefonia mobile

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