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domenica 30 marzo 2014

La felicità la ritroviamo in un retrobottega


A proposito di felicità il grande Totò scriveva:

Vurria sapè ched’è chesta parola,
vurria sapè che vvò significa.
Sarrà gnuranza ‘a mia, mancanza ‘e scola,
ma chi ll’ha ‘ntiso maje annummenà.

 Non credo serva la traduzione per capire il significato di queste parole bellissime impregnate, però, di tristezza; evocano tempi passati, ristrettezze economiche, misera e privazioni. Eppure, la poesia riesce a sublimare quei momenti. E ci rende felici. Se per Totò la felicità era difficile da trovare, per Trilussa, invece, bastava accontentarsi di poco per afferrarla; egli infatti ci ricordava che

C’è un’ape che se posa
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.

Ma che cos’è davvero la felicità? Cosa ci rende felici?

Ognuno di noi potrebbe dare una risposta, spesso legata alle sensazioni di quel momento, ad un particolare avvenimento che noi consideriamo importante, ad un nostro stato d’animo, ad un ricordo piacevole, alle emozioni che sa trasmetterci una persona.

Eppure, oggi noi rincorriamo spasmodicamente solo quella felicità opaca e passiva fatta di cose, di oggetti, che ci rendono sempre più spaesati e insoddisfatti. Consumiamo tutto in fretta: oggetti nuovissimi diventano obsoleti prima del tempo. Non riusciamo più ad affezionarci alle cose; consumiamo in fretta anche i sentimenti, le relazioni umane. E ciò riguarda non solo i rapporti di coppia, ma anche quelli tra genitori e figli. La dinamica dell’usa e getta, propria di una società consumistica e globalizzata, ormai si è impadronita di tutti noi.

Siamo sempre alla ricerca di un piacere spesso irrealizzabile, di un qualcosa che ci faccia uscire da quell’inquietudine grigia che si prova nella ripetitività del quotidiano, siamo sempre portati a cercare quella felicità nella realtà che ci circonda e soprattutto negli altri. Crediamo che gli altri (la moglie, il marito, l’amico, l’amante...ma anche l’ultimo modello di telefonino, internet, ecc.) possano renderci felici, possano liberarci da quelle pene che teniamo nascoste nel nostro animo. Non pensiamo che spesso la felicità sta in noi stessi e che dentro di noi dobbiamo cercarla.

E allora affidiamoci qualche volta alle parole dei filosofi. Diceva Michel de Montagne che “..bisogna avere donne, figli, beni e soprattutto salute, se si può; ma non bisogna attaccarvisi in modo che la nostra felicità ne dipenda; bisogna riservarsi un retrobottega tutto proprio, tutto indipendente, in cui possa riporsi la nostra vera libertà e il nostro principale e solitario rifugio”.

 

 

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