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mercoledì 5 febbraio 2014

Quando l'orto era un giardino



Un tempo, diciamo una cinquantina d’anni fa, in ogni paese del Cilento ognuno aveva il suo piccolo orto, accanto alla propria abitazione. Forse tutt’ora è così, nonostante il cemento stia avanzando. Quest’orticello era costituito, il più delle volte, da un fazzoletto di terra coltivato a pomodori, patate, zucchine ecc. Spesso vi si trovavano anche alberi da frutta: aranci, cachi, qualche melo. Serviva per le esigenze familiari: le verdure a quei tempi non si compravano, ma si autoproducevano e la frutta era sempre quella di stagione. Verdura e frutta bastavano ed era anche di ottima qualità.

Ricordo che mio padre – unico nel paese – non possedeva un orto dietro casa; però era proprietario di un terreno (la campagna), dove lui si recava tutti i giorni a coltivare, tra le altre cose, anche il suo orticello.

Ricordo ancora – allora potevo avere una decina di anni – che nei pressi della nostra casa c’era un bell’orto con tanti alberi di aranci e mandarini, però da tutti, nel paese, era conosciuto come “il giardino”. Non riuscivo a capire come mai il terreno accanto alla casa di mio zio fosse un orto e l’altro, lì vicino, un giardino. Eppure avevano le stesse caratteristiche, vi si piantavano gli stessi ortaggi, c’erano gli stessi alberi. Addirittura  la stessa varietà  di rose, che ingentiliva un po’ il terreno.

Se non ci fossero stati altri orti nel paese, avrei considerato come tale solo quello che si faceva in campagna, lontano dal centro abitato. Invece ognuno aveva il suo piccolo orto davanti casa. E allora come si spiegava quella anomalia? Come mai quel giardino tra tanti orti?

La mia curiosità fu soddisfatta da mio padre allorquando, incalzato dalla mia domanda, mi rispose che l’orto appartiene ai poveri, ai contadini. E mio padre era un contadino, come tutti gli altri del paese. Il giardino, invece, era di proprietà di un “signore”. E il signore non coltiva l’orto ma si dedica al giardino.

Insomma, a quei tempi, l’orto evocava la fatica, il sudore della fronte. Fare l’orto significava zappare la terra, sporcarsi le scarpe, avere i calli alle mani. Il giardino, al contrario, era sinonimo di bellezza, nobiltà d’animo, richiamava alla mente persone colte, celebrava il lusso e la ricchezza.

In altre parole, l’orto incarnava la subordinazione, una condizione di inferiorità, il giardino era visto come il potere dominante, rappresentava il padrone, il signore. E il signore del paese poteva essere il maestro elementare o il farmacista, il medico o l’avvocato, il maresciallo dei carabinieri o il sindaco. I giardini, quindi, erano proporzionali ai signori e tutti gli altri erano orti e contadini.

Ho letto recentemente che Michelle Obama, la moglie del Presidente degli Stati Uniti, coltiva un orto alla Casa Bianca. Si un orto... non un giardino. Possibile! La donna più potente della terra pianta insalate, patate e cavolfiori?

Come cambiano i tempi!! Il mondo si è proprio capovolto!

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